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Quale sarà la lingua ufficiale dell’UE dopo la Brexit?

Cosa resterà dell’inglese come lingua ufficiale dell’UE? A seguito della Brexit, ci si è chiesti che effetti avrebbe avuto questo divorzio dalla UE in senso geopolitico e cosa ne sarebbero stati dei rapporti commerciali e della lingua ufficiale.

L’inglese rimarrà ancora la lingua ufficiale in Unione Europea? O ci sarà un lento processo di assestamento di una nuova lingua?

L’inglese ormai è dal 1973 consolidato a livello europeo come lingua franca, utilizzata in ambito economico e commerciale – talvolta anche diplomatico, insieme al francese – per tutti gli accordi internazionali tra i vari paesi membri dell’UE.

Forbes ha descritto l’inglese come una lingua insostituibile, “un mezzo internazionale di comunicazione che non appartiene a nessun paese”.

Secondo i dati dell’Eurostat raccolti nel 2018 l’ultimo anno di cui disponiamo dati ufficiali – l’inglese è la lingua straniera più studiata dagli studenti (l’86%) dell’istruzione secondaria superiore nell’Unione Europea e la più conosciuta in 19 dei 27 paesi membri. La lingua anglosassone è seguita dal francese (circa il 19%), dal tedesco e dallo spagnolo (entrambi intorno al 18%). Sempre secondo questi dati, in tutti gli stati membri dell’UE oltre il 65% degli studenti studia l’inglese come lingua straniera. Questo sta a significare quanto negli anni la lingua inglese abbia acquisito sempre più il ruolo di passe-partout internazionale nel mondo dell’istruzione e nell’accesso al mondo del lavoro.

Eppure proprio secondo ultime dichiarazioni rilasciate dal presidente Macron, Parigi vorrebbe fare della Brexit l’opportunità per dare al francese il modo di competere con la lingua anglosassone per il ruolo di lingua ufficiale e di lingua veicolare a livello mondiale. La presidenza francese ha infatti disposto che, entro il 2022, sia in francese che i documenti di lavoro vadano erogati e che le riunioni ad alto livello vadano svolte. Seppur riconoscendo all’inglese una praticità e una diffusione nel suo genere, la nazione francese vede in questo scenario un modo per promuovere le varie lingue ufficiali degli stati membri e il multilinguismo.

Senza la sua nazione madre dell’inglese all’interno della UE, l’inglese non è più la lingua ufficiale in nessuno dei paesi membri rimasti: l’Irlanda riconosce l’irlandese come lingua ufficiale, mentre Malta il maltese.

Senza dimenticare che l’inglese britannico, ormai fuori dai riflettori, potrebbe andare incontro a una serie di contaminazioni e variazioni. Con i funzionari britannici al governo e al parlamento di Bruxelles prossimi alla pension, potrebbe crescere sempre più il gap tra l’inglese British e il cosiddetto Euro-English, o broken english. Secondo il segretario di stato francese Clément Beaune, continuare a usare il broken English anche dopo la Brexit sarebbe poco comprensibile e certamente meno logico del tornare a usare le proprie lingue nazionali.

Sono 24 le lingue ufficiali dell’UE, mentre 27 gli stati membri. Questa disparità è giustificata dal fatto che alcune nazioni parlano la stessa lingua, come Germania e Austria o Francia e Belgio.

Ad ogni modo, le lingue di lavoro nella UE sono l’inglese, il tedesco e il francese – le lingue per fattori demografici e economici più utilizzate. Ad oggi le riunioni e gli eventi di portata internazionale non prevedono spesso l’impiego della lingua tedesca o francese. Sono rare, se non nulle, le occasioni in cui un interprete francese o tedesco venga interpellato al fine di erogare servizi di interpretariato simultaneo per un evento di alto livello. Almeno per ora.

Alcuni hanno ipotizzato a un cambio di scenario. Un interprete inglese, ad oggi soventemente presente a eventi o conferenze internazionali, potrebbe essere pian piano sostituito da un interprete francese. Quello che cambierebbero quindi sarebbero le modalità di comunicazione a livello europeo. Tutti i documenti di lavoro o tutti i materiali e documenti di materia economica-giuridica andrebbero stilati nella nuova lingua ufficiale dell’UE.

La lingua francese sarebbe per l’appunto la più papabile, tanto che qualcuno parla già di Euro-francese. Ma sebbene goda del secondo posto nella lista delle lingue più insegnate e diffuse nell’UE, purtroppo la sua conoscenza è ancora piuttosto limitata, soprattutto se a paragone con la lingua inglese. Quello a cui potremmo assistere sarebbe un boom di richieste di figure professionali per la traduzione e l’interpretariato in lingua francese.

Le aziende non sono così tanto abituate a lavorare in lingua francese, neppure ai piani alti. Le alternative sarebbero quindi quella di imparare ex novo una nuova lingua o quella di assumere occasionalmente figure che facciano da tramite per i loro incontri internazionali. Per quanto si affascinante e allettante, imparare una nuova lingua e provvedere a corsi di formazione di tutto lo staff, questo significherebbe incalzare, o meglio inciampare, in termini logistici e economici.

Infine, che ci sia o no un cambio di rotta per la lingua ufficiale dell’UE, la soluzione più semplice e sicura rimane sempre affidarsi a professionisti del settore e esperti in lingua. Pertanto, l’intervento di un interprete inglese o di un eventuale interprete francese potrà fare la differenza in una comunicazione multilingue.

Certamente la Brexit ha fatto riflettere sull’importanza del multilinguismo, di una comunità multiculturale, multilinguistica e multietnica, pronta a difendere la cultura e schierarsi dalla parte della diversità.

Una citazione di Eco del 2008 così recita: “la lingua dell’Europa è la traduzione”. Su questa trasposizione linguistica, questo scambio e questa interazione, possiamo sempre basarci per rendere fluida la comunicazione.

Ufficio Stampa Rafiky